mercoledì 28 marzo 2018

RECENSIONE: TI HO TROVATO FRA LE STELLE DI FRANCESCA ZAPPIA

Avete mai provato quella sensazione di smarrimento appena finito di leggere un libro?
Giri l'ultima pagina, ti guardi intorno e ti chiedi "e adesso?"
Io mi sento così in questo momento.
Ho la testa che scoppia.
Pensieri che corrono in tutte le direzioni. 
Idee, aspettative, opinioni.

Cerchiamo di mettere un po' d'ordine.


Titolo: Ti ho trovato fra le stelle
Autore: Francesca Zappia
Editore: Giunti Editore
Data di pubblicazione: 7 Marzo 2018
Prezzo: € 12,00
Trama: Nel mondo reale, Eliza Mirk è una ragazza timida, poco socievole e solitaria. Online, è Lady Constellation, autrice anonima di «Monstrous Sea», un webcomics adorato da milioni di followers in tutto il mondo. Eliza non si sente mai sola, la sua comunità digitale la fa sentire amata e parte di qualcosa di importante. Poi a scuola conosce Wallace, un ragazzo che non parla con nessuno ma decide di aprirsi proprio con lei, ed Eliza comprende che anche la vita offline vale la pena di essere vissuta. Ma quando accidentalmente la sua identità segreta di Lady Constellation viene svelata al mondo, tutte le sue certezze e i suoi punti fermi - online e offline - vanno in frantumi...


RECENSIONE 
  
Prima che Ti ho trovato fra le stelle fosse portato in Italia, mi ero già fatta un'idea precisa su questo libro. Avevo già letto recensioni, visto foto, ascoltato video, credevo di sapere già tutto quello che c'era da sapere senza averlo letto. E credevo che la lettura sarebbe stata scioccante. Ne ero così convinta perchè mi ero lasciata abbindolare da un termine preciso: una ragazza avevo descritto Ti ho trovato fra le stelle come disturbante, come un libro sulla malattia mentale, come un libro da cui non si può scappare. Ecco, se state cercando questo, avete sbagliato libro. O meglio è vero che Eliza vive una situazione che le crea dei disagi psicologici, ma arrivare a parlare di malattia mentale mi sembra esagerato.
Se avete letto altre recensioni di questo libro, probabilmente vi sarete imbattuti in pareri più che entusiastici, in elogi e giudizi pluristellati. E solo e soltanto in queste cose. Mai una parola negativa, mai un sì ma.... E questo era esattamente il motivo per cui credevo che avrei finito per odiare questo libro. Ma è impossibile, è dannatamente impossibile odiare questa storia. E allora mi sono chiesta perchè. Perchè tutti sembrano gridare "Io sono Eliza! Io sono Eliza!"? Perchè tutti lo ritengono un libro tanto importante? E poi ho capito, o almeno ho provato a darmi una spiegazione. 


"Quel computer è la mia tana del Bianconiglio, internet è il mio paese delle meraviglie. La regola è caderci dentro solo quando posso permettermi di lasciarmi risucchiare."

"Devo provarci, perchè sto commettendo di nuovo lo stesso errore di chiudere fuori tutto e tutti solo perchè sono frustrata, stanca e perchè il mondo reale è troppo difficile e preferirei vivere nella finzione. Ma non si può. Sono qui e devo provarci."

"«La vita non è fatta solo di storie, Eliza. C'è molto altro». Lo dice come se fosse una cosa semplice. Lo dice come se avessi scelta."

Ora avete capito anche voi? Ognuno di noi si è immedesimato tanto in Eliza perchè Eliza è ognuno di noi. Perchè, anche se Eliza è una disegnatrice di fumetti e noi siamo lettori, deve continuare a dividersi tra mondo reale e mondo fittizio esattamente come fa un lettore ogni qualvolta apre un libro. Esattamente come facciamo noi. Ed essere lì in bilico tra realtà e immaginazione non è semplice. E così ci rivediamo nell'Eliza che preferisce stare nella sua stanza piuttosto che uscire, nell'Eliza che si sente una nota a piè di pagina o nell'Eliza che si professa campionessa nell'evitare la vita e tutte le sue conseguenze.
E quindi è questo il motivo per il quale Ti ho trovato fra le stelle mi è piaciuto tanto. Sì, per la trama. Sì, per lo stile di scrittura. Sì, per i disegni mozzafiato. Sì, per i personaggi tanto sfaccettati. Ma sopra ogni cosa perchè la storia di Eliza è anche la mia storia. La nostra storia. 



Ma. C'è un ma. Qualcuno il lavoro sporco deve pur farlo e quindi eccomi qua, la vostra smonta-storie di fiducia. Ci sono alcuni particolari, infatti, che mi hanno fatto storcere un po' il naso e un po' troppe volte.
1. Il continuo ripetere che Eliza indossa sempre vestiti - mi correggo - felpe di taglie 2 o 3 volte più grande. Ma seriamente? In continuazione? Ovunque? Ma chi lo fa?!
2. I genitori pappemolli che si fanno mettere i piedi in testa da una ragazzina. Ok che siete all'oscuro di molte cose, ma magari invece di stare zitti e lasciare andare la figlia in camera dopo uno scambio di appena due battute bisognerebbe alzare un po' la voce.
3. Personaggio XX non parla più con personaggio YZ da settimane e tale YZ corre nel luogo PINCO PALLO perchè non rispondeva al telefono!!! MA SE NON VI PARLATE SANTO CIELO!!! Dove sono finiti tutti i fatti in mezzo alle due scene????
4. Ops, il resto l'ho dimenticato. Si vede che non era così importante.



Lo so, ora avete paura che dopo queste lamentele darò un votaccio al libro. E invece no, proprio non posso. Perchè quando penso a Ti ho trovato fra le stelle penso a emozioni vere, a una storia che attrae, a parole che mi hanno tenuto la mano durante tutto il viaggio. Non so come altro dirvelo: DOVETE PROPRIO LEGGERLO!

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E ora beccatevi queste 4 stelline!



lunedì 19 marzo 2018

RECENSIONE: MAUS DI ART SPIEGELMAN

Ed eccomi di nuovo qui, pronta a digitare freneticamente un tasto dietro l'altro nella speranza di tenervi un po' di compagnia. Non ricordavo quanto fosse difficile mettersi davanti al computer a scrivere una recensione.
Titolo: fatto  
Dati del libro: fatto  
Recensione: FOGLIO BIANCO. E adesso cosa scrivo?



Titolo: Maus
Autore: Art Spiegelman
Editore: Einaudi Editore
Data di pubblicazione: 29 Settembre 2010
Prezzo: € 20,00

Trama: La storia di una famiglia ebraica tra gli anni del dopoguerra e il presente, fra la Germania nazista e gli Stati Uniti. Un padre, scampato all'Olocausto, una madre che non c'è più da troppo tempo e un figlio che fa il cartoonist e cerca di trovare un ponte che lo leghi alla vicenda indicibile del padre e gli permetta di ristabilire un rapporto con il genitore anziano. Una storia familiare sullo sfondo della più immane tragedia del Novecento. Raccontato nella forma del fumetto dove gli ebrei sono topi e i nazisti gatti.


RECENSIONE   

Inizierò così: erano due anni che non davo 5 stelline ad un libro. 2 ANNI. Sì, sono andata a controllare su Goodreads, il sacro sito di ogni appassionato di lettura. A quanto pare oltre che per i soldi ho le braccine corte anche per le valutazioni. Il fatto è che le 5 stelline strepitano "libro della vita", "capolavoro", "non ti scorderai mai più di me", "ne parlerai ovunque", "anche un sasso saprà quanto ti è piaciuto questo libro", "farai venire il mal di testa a tutti". E sapete, è difficile trovare un libro così.
In realtà Maus non è proprio un libro (nel senso di romanzo), è stato pubblicato sul mercato editoriale come fumetto, ma a me piace più definirlo un romanzo grafico. Uso l'espressione romanzo grafico perchè la parola scritta è tanto importante quanto il disegno. Non c'è preponderanza nè dell'una nè dell'altra parte e questo è forse l'elemento che più mi ha permesso di vivere questo testo come un'esperienza sensoriale. Senza una narrazione così fitta non sarei riuscita a seguire il filo della storia. Senza un tratto grafico tanto carico non sarei riuscita a sentirmi così fortemente dentro la vicenda.
Ma di cosa parla questo libro? Maus racconta fedelmente la storia di Vladek Spiegelman, padre dell'autore, in una biografia che intreccia i momenti della sua vita prima, durante e dopo la sua permanenza nei campi di concentramento. Se il prima e il durante possiamo immaginarlo (in fondo quanti film e libri ci sono sull'argomento?), il cosa significa sopravvivere è senz'altro una scoperta. Almeno per me è stato così. Vi siete mai soffermati a pensare quanto l'esperienza del campo possa influenzare la vita di un sopravvissuto pur avendo riacquistato la propria libertà?
A questo punto starete aspettando di leggere quali sono i motivi per cui questo fumetto mi sia piaciuto così tanto. Potrei dirvi che è stato per l'incredibile cura dei dettagli, per il crudo realismo, per l'impatto del simbolismo, per i personaggi così tangibili o per la fatica con cui si gira pagina. Certo, queste sono tutte cose che ho apprezzato per davvero, ma la verità è un'altra e ve l'ho accennata prima. Ciò che rende questo libro tanto unico e che lo eleva a capolavoro indiscusso è la sua capacità di farti vivere un'esperienza sensoriale a 360°: un'esperienza fatta di profumi, di sapori, di visioni, di emozioni, di disgusto e di affetto, di fatica, di disprezzo, di paura, di amore e di forza. È la sua capacita di farti sentire un po' Art e un po' Vladek, il suo potere di farti ritrovare diviso tra un uomo così vicino a te ed uno così lontano.

Perchè la verità in fondo è che Maus non si legge, Maus si vive.



lunedì 12 marzo 2018

L'IMPORTANZA DEGLI INCIPIT

Le prime parole di un libro sono un po' come un bigliettino da visita. Hanno un compito fondamentale: invogliarti a continuare, a girare la prima pagina e tutte quelle che seguiranno. In fondo come apri la copertina è lì che inizi ad approcciarti alla storia, è lì che incontri per la prima volta i personaggi o che fai la conoscenza dell'autore. Gli incipit sono anche molto meschini, perchè possono crearti l'illusione di un romanzo perfetto che non si risolve in nulla o possono nascondere in una manciata di parole piene di indifferenza una storia ricca e avvincente.
A me hanno sempre influenzato molto, soprattutto nella scelta di acquistare o no un determinato libro. Ormai, come apro la prima pagina, rilevo subito tutte le informazioni che mi servono: prima o terza persona? Inizio lento? Inizio veloce? Colpo di scena che oh-santo-cielo-se-inizia-così-come-continua? Ninna nanna che ti fa chiudere gli occhi? Era una notte buia e tempestosa? Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino?
Insomma, 9 volte su 10 dopo le prime pagine ho già inquadrato buona parte del libro. Sbaglio? Probabilmente sì, tanto che una volta mi sono presa una bella ramanzina. 

Persona saggia: "Ma te l'hanno mai detto che un libro all'inizio ti può far schifo e poi ti può piacere da morire?"

Io:



Sono un caso irrecuperabile. Lo so.

Mi piacerebbe sapere la vostra opinione a riguardo, ma prima vi lascio alcuni dei miei incipit preferiti.

"Parole.
Sono circondata di parole. Migliaia di parole. Forse milioni.
Cattedrale. Maionese. Melagrana.
Mississippi. Napoletano. Ippopotamo.
Vellutato. Terrificante. Iridescente.
Solletico. Starnuto. Desiderio. Ansia.
Le parole mi turbinano intorno da sempre come fiocchi di neve, tutte delicate e diverse, e tutte mi si sciolgono in mano prima che le tocchi.
Dentro di me si ammassano in cumuli enormi. Montagne di frasi, di locuzioni e di idee interconnesse. Espressioni argute. Battute di spirito. Canzoni d'amore."


Melody, Sharon M. Draper



"Ed eccomi lì, sdraiato nel prato davanti a casa, in piena vista, con un coltello nella schiena. In realtà, così è come volevo che sembrasse, e ad essere onesti credo di esserci riuscito abbastanza bene, rispetto a chi guardava dalla strada. Mi ero dato un sacco da fare perchè sembrasse che mi avevano assassinato. Prima di tutto avevo preso in prestito il coltello da cucina della mamma (quello grosso), e l'avevo piantato bene nella terra. Poi mi ci ero sdraiato davanti, mettendo il corpo in modo che alla gente che passava in macchina davanti a casa nostra sembrasse che ero stato pugnalato a morte. Il fatto che il papà stesse passando il tosaerba con indifferenza rendeva (secondo me) la scena ancora più macabra. Immaginate di passare in macchina davanti alla tipica villetta di periferia in una tipica stradina di periferia in un tipico quartiere di perfieria nell'America di inizio Ventunesimo secolo. Un uomo sta tagliando l'erba. Ad un certo punto voltate la testa e l'occhio vi cade su questo ragazzino, tredici anni, castano, in maglietta, jeans e scarpe da ginnastica. È steso sul prato e ha un coltello piantato nella schiena. Orrore! Cosa fareste a quel punto? Vi girereste dall'altra parte, facendo finta di non aver visto niente? Chiamereste l'ambulanza? Vi fermereste, facendo notare all'uomo che taglia l'erba che suo figlio sembra proprio morto? Inchiodereste, e scendendo al volo dalla macchina gli pratichereste la respirazione bocca a bocca? Oppure cos'altro?"
Trevor, James Lecesne


"Prima i colori.
Poi gli esseri umani.
È così che di solito vedo le cose.
O almeno ci provo.
In tutta sincerità, mi sforzo di prendere la faccenda allegramente, anche se, a dispetto delle mie proteste, la maggior parte delle persona trova difficile credermi. Per favore, fidati di me. Posso davvero essere allegra. Posso essere amabile. Affettuosa. Affabile. E queste sono sole le parole che cominciano per A. Non chiedermi però di essere bella: essere bella non è da me."
Storia di una ladra di libri, Markus Zusak


E voi cosa ne pensate? Quanto sono importanti per voi gli incipit? Quali sono i vostri preferiti?


giovedì 8 marzo 2018

IL PIACERE DI LEGGERE: CUORE O TESTA?

Ultimamente mi è capitata una cosa curiosa. Ho letto due libri (che novità direte voi!), oggettivamente poveri di trama ma che mi hanno lasciato sensazioni diametralmente opposte. Il primo mi ha conquistata a tal punto da rendermi conto dell'inconsistenza della trama solo a conclusione del romanzo, nel secondo la pochezza di contenuto si sentiva schiacciante come un macigno ad ogni cambio pagina. Da qui mi sono irrimediabilmente chiesta quali fossero i miei parametri di giudizio. Il caso ha voluto che mi comparisse in bacheca l'invito ad un corso sul passaggio dalla lettura emozionale all'analisi critica. Le domande erano ormai diventate troppe: avevo sempre recensito basandomi su una lettura di sensazioni? Potevo davvero dare una valutazione alta solo perchè avevo provato forti emozioni, solo perchè avevo letto con grande voracia o mi ero particolarmente legata a un personaggio? Beh, alla fine mi sono risposta che sì, potevo fare tutte queste cose.

Andiamo con ordine.

I libri cui faccio riferimento all'inizio di questo post sono La distanza tra le stelle di Lily Brooks-Dalton, autoconclusivo, e Ignite me di Tahereh Mafi, terzo e ultimo-non-più-ultimo capitolo della serie Shatter me.

Di seguito le impressioni.

La distanza tra le stelle si presenta come un romanzo ripetitivo, lento, quasi privo di dialoghi, un romanzo dove tutto quello che succede fa riferimento al passato dei protagonisti. La lettura è faticosa e pesante e ogni volta che sembra esserci un minimo di iniziativa svolta a muovere la situazione, finisce bruscamente il capitolo e si riparte con una nuova interminabile litania su quanto è brutto e cattivo il mondo. Prima di esprimere un giudizio pesantemente negativo sull'opera mi son detta che forse l'autrice ha scelto di non arricchire la narrazione di eventi per permettere al lettore di compiere un'analisi introspettiva del romanzo, ed essendo per questo stata una scelta consapevole, il mio giudizio sarebbe dovuto essere più oggettivo. Insomma, il mio giudizio emozionale era un 2, ma si meritava forse di più?

Con Ignite Me è accaduto l'esatto opposto. Lo stile di scrittura avvincente e scorrevole combinato con personaggi estremamente sfaccettati e piacevoli mi hanno fatto volare a fine libro in un batter d'occhio. Le intense emozioni mi hanno fatto affezionare alla storia. Alla fine dei conti Ignite Me mi era proprio piaciuto. Girando l'ultima pagina, però, mi sono resa conto che qualcosa mi aveva lasciata insoddisfatta: cosa avevo appena letto? Cosa era appena successo in 300 e più pagine? Poco niente. La verità è che dal punto di vista del contenuto era estremamente povero. La Mafi aveva passato centinaia di pagine ad accumulare dialoghi su dialoghi e a reiterare gli stessi comportamenti, lasciando uno spazio pari a un'esigua manciata di pagine alla vera azione. Una serie di 3 libri si era così risolta in un finale sbrigativo e banale. Eppure, oltre alla delusione, provavo ancora un forte amore. Come era possibile che mi fosse piaciuto tanto? Era forse perchè, essendo il terzo libro di una serie, avevo già un background alle spalle? Era stato lo stile di scrittura l'elemento vincente? Potevo dare tanto peso a un solo elemento?

Ho pensato per giorni alla diatriba che avevano scatenato in me questi due libri. A cosa fosse più giusto fare. A quale fosse il modo più onesto per esprimere un giudizio. Alla fine mi sono risposta che nessuna media di voti, percentuale o statistica sarebbe stata la scelta più adatta. In fondo non sono un recensore professionista. Alla fine ho scelto di seguire il cuore e le emozioni, di assecondare pensieri e sensazioni perchè l'unico reale giudizio che avevo voglia di trasmettere al prossimo lettore era un puro e semplice giudizio emozionale. Forse voi non sarete d'accordo, ma se trasformassi la mia lettura di cuore in un'asettica analisi critica sarebbe la fine del mio piacere di leggere.